Non serve a niente, facciamolo.

 

Prima o poi arriva. Arriva sempre. Mai puntuale, per prenderti alle spalle. Ma arriva. Arriva sempre. E allora lo capisci, solo allora. Non prima, non dopo. Solo lì, in quell’attimo di smarrimento. Lo capisci e le parole non servono più a niente. C’è che hai fatto decine e centinaia di giri intorno al campo e non hai raggiunto niente, e allora a cosa serve correre in tondo, a cosa serve parlare? Lo capisci. Le parole non servono a niente. Cos’hai detto in tutto questo tempo? E l’hai detto? Cos’hai pensato? E a chi le hai pronunciate tutte queste parole? E le han sentite davvero, poi? Le hanno sentite laggiù, al di là delle tue labbra? Lo capisci. Le parole non servono a niente. Le parole sono lettere vuote se non hanno sopra gli occhi a guardarle. Le parole sono suoni muti se non hanno le dita che le accompagnano lì dove devono andare. Le parole non servono a niente se non le fai scivolare sulla pelle che non è la tua pelle; non servono a niente se non le fai danzare in un respiro che non è il tuo respiro, quel respiro che le porterà lontano, fuori dai tuoi pensieri chiusi a chiave. Le parole sono importanti, le parole non servono a niente. E cosa dovrei dirti io? Ti voglio, mi manchi? Cosa vuoi che ti dica io? C’è che sono qui, a gambe incrociate sul divano blu, e c’è solo la luce fioca e il buio fuori. C’è il freddo, e c’è questo rumore frenetico di tasti che non voglio fermare e che forse dovrei. Dovrei dirti qualcosa. E cosa vuoi che ti dica? Ti voglio, mi manchi. Cosa vuol dire mi manchi se non ci sei mai nel modo in cui vorrei io? E tu cosa vuoi? Prova a dirle quelle parole, tanto, lo sai, le parole non servono a niente. Ma dille, non serve a niente, dille più forte. Oppure vieni qui, e frantumiamo il silenzio insieme.